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Guerra dei prezzi sul petrolio: aumenti in vista anche per la benzina?

Da tempo in area 70-80 dollari al barile (nella variante Wti), il petrolio è distante dalle tre cifre percentuali registrate all’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Anche se le incognite restano elevate, con ricadute possibili sui prezzi praticati alla pompa.

A cura di: Luigi Dell'Olio
A cura di: Esperto di prodotti finanziari, mercati energetici e telefonia
Si laurea in Giurisprudenza e diventa in seguito giornalista professionista, specializzandosi in economia e finanza. Collabora con primarie testate italiane, tra cui “la Repubblica” e “Affari&Finanza”. È inoltre coordinatore del mensile “Private” e autore per Segugio.it.

linea editoriale Segugio.it
Tempo di lettura 2 minuti
Pubblicato il 23/06/2023
rifornimento auto alla pompa di benzina
Prezzo petrolio e ricadute sui costi per la benzina

Nonostante la crescita costante delle energie rinnovabili, il petrolio resta il principe dei carburanti. Con il braccio di ferro tra Paesi produttori e consumatori che si rinnova costantemente e oggi si trova a fare i conti anche con le crescenti tensioni a livello geopolitico. Cerchiamo di capire cosa sta succedendo e quali sono le principali ricadute per il prezzo alla pompa.

Prezzi sotto controllo dopo le speculazioni passate

Da tempo in area 70-80 dollari al barile (nella variante Wti), il petrolio è distante dalle tre cifre percentuali registrate all’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Il che costituisce una boccata d’ossigeno per il nostro Paese, storico importatore di materia prima sia per utilizzi industriali, sia come carburante. Nonostante il taglio volontario della produzione da un milione di barili di petrolio al giorno (per il mese di luglio) annunciato da parte dell’Arabia Saudita all’ultima riunione dell’Opec+ (l’organizzazione degli storici produttori di oro nero, ai quali si è aggiunta la Russia), i prezzi del petrolio sono scesi di 10 dollari al barile negli ultimi due mesi.

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Pesano le prospettive economiche

Al di là della situazione attuale, sui valori incidono soprattutto le previsioni, a cominciare da quelle di Goldman Sachs, che si attende valori deboli in vista di un aumento delle forniture da parte di Russia, Venezuela e Iran. “Per il 2024 aumentiamo le stime della produzione dei tre Paesi rispettivamente di 400 mila, 350 mila e 500 mila barili di petrolio al giorno in più”, si legge nell’ultimo report pubblicato dalla banca d’affari statunitense.

Secondo Goldman Sachs, “in un mercato meno affollato, verranno sfruttati solo i progetti che comportano un costo minore”.

In seguito all’inizio della guerra, l’offerta di petrolio della Russia è diminuita di 1,5 milioni di barili di petrolio, al giorno ma sta rapidamente tornando ai valori che hanno preceduto il conflitto.

L’economia globale cresce a rilento

Non solo l’offerta, ma anche la domanda. Le importazioni di greggio della Cina sono calate dall’inizio del 2023, con le raffinerie, sia statali che private, che hanno richiesto meno greggio. Segno di un’economia che cresce a un ritmo inferiore rispetto al passato. Secondo Goldman Sachs questo non è solo il caso cinese, dato che un po’ ovunque si assiste a una contrazione della domanda per il settore dei beni, mentre i servizi sono da tempo oltre i livelli pre-pandemici.

La filiera dai pozzi alle stazioni di servizio

Ovviamente il prezzo della materia prima è solo una delle componenti del prezzo finale praticato alla pompa. Fatto 100 il prezzo finale, 39 circa sono dovuti alle imposte e oltre 18 all’Iva, per cui la tassazione è maggioranza assoluta. Il prezzo industriale si attesta poco, invece, intorno ai 43 euro, comprensivi dei ricavi (poco meno di 16 euro) per le compagnie. Proporzioni che fanno dell’Italia uno dei Paesi con la maggiore tassazione sui carburanti.

A questo proposito va ricordato che nel pieno del caro-petrolio, il vecchio esecutivo aveva ridotto le accise per un ammontare di 30,5 centesimi di euro al litro per la benzina e il gasolio e di 8,5 centesimi per il gpl. Facilitazioni eliminate dall’attuale governo all’inizio del 2023, nella considerazione che i tagli per i consumatori comportavano un aggravio per le casse statali di circa 10 miliardi di euro all’anno.

Intanto, l’Iea (Agenzia internazionale dell’energia) stima che nel breve periodo i prezzi potrebbero essere volatili a causa di eventuali tagli dell’Opec, ma le previsioni migliorano allungando l’orizzonte temporale. Da qui al 2028 è infatti attesa un’ulteriore crescita delle fonti di produzione energetica green, con la domanda di oro nero che soffrirà. Con l’atteso calo delle quotazioni, che – si spera – si tramuterà in risparmi per gli automobilisti. Il che comporterebbe benefici per tutta la dinamica inflazionistica.

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