Black box, l’errore è dietro l’angolo
Un numero sempre maggiore di automobilisti italiani decide di montare sulla propria auto la cosiddetta scatola nera, il dispositivo che permette dopo un sinistro di ricostruire l’esatta dinamica di quanto accaduto e di conseguenza di risparmiare sul premio rc auto.
Aggiornato il 01/08/2017

Un numero sempre maggiore di automobilisti italiani decide di montare sulla propria auto la cosiddetta scatola nera, il dispositivo che permette dopo un sinistro di ricostruire l’esatta dinamica di quanto accaduto e di cui abbiamo già parlato il mese scorso.
Tuttavia non sempre l’apparecchiatura si dimostra esente da errori, riportando in alcuni casi delle incongruenze dal punto di vista dell’orario e della posizione del mezzo.
L’allarme è stato lanciato da un’inchiesta della rivista Quattroruote, dove viene riportato il parere di alcuni addetti ai lavori che sottolineano il non perfetto funzionamento dell’apparecchio. A questa conclusione si è arrivati anche grazie all’analisi di alcuni casi limite, come quello di un assicurato al quale la propria compagnia ha rifiutato l’indennizzo di un sinistro basandosi sulla mancata presenza dell’auto sul luogo dell’incidente, salvo essere risarcito in un secondo momento grazie alla scoperta dell’errore del localizzatore.
La ricerca sottolinea dunque l'imperfezione del meccanismo che potrebbe portare allo slittamento della sua adozione obbligatoria, una soluzione voluta dal Governo per tutti gli automobilisti: il rischio è quello che possano aumentare i casi di contestazione da parte degli assicurati nei confronti delle compagnie.
Ricordiamo che la riforma assicurativa è uno dei temi contenuti nel prossimo Ddl Concorrenza, il provvedimento di cui tanto si attende l’entrata in vigore. L’ultimo emendamento al Disegno di legge approvato in commissione al Senato i primi di agosto avrà il compito anche di disciplinare – con futuri decreti legislativi – un ulteriore aspetto della scatola nera, ovvero la portabilità in caso di cambio di compagnia o cessione della vettura. L’obiettivo è di favorire l'estensione al suo utilizzo senza che sugli utenti gravino maggiori oneri.
La black box deve il suo funzionamento grazie alla presenza di 4 componenti: l’accelerometro (misura le accelerazioni e le frenate oltre che eventuali crash), il GPS (individua la posizione del veicolo e la sua velocità), il Gsm (invia i dati) e la memoria (registra e consente di salvare le informazioni). Il congegno è stato pensato per avvantaggiare sia le compagnie, mettendole al riparo da truffe e frodi legate ai falsi incidenti, che gli automobilisti, in quanto permette loro di usufruire di tariffe più basse. In più la black box è utile anche in caso di furto grazie alla funzione di localizzazione, rendendo il ritrovamento del veicolo più semplice e veloce.
A proposito di tariffe è utile sapere che le più convenienti si trovano su Segugio.it, il portale che permette all’assicurato di comparare le migliori offerte delle varie compagnie.
Già nel 2015 il Bollettino Statistico IVASS (l’Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni) confermava la diffusione della scatola nera, rilevata durante il quarto trimestre nel 15,8% dei contratti stipulati. Attualmente il dispositivo è installato in quasi 4,5 milioni di veicoli e le stime per la fine del 2017 parlano di un trend in ulteriore crescita con una presenza sui mezzi che dovrebbe arrivare al 15% del parco circolante.
A livello territoriale il suo utilizzo è caratterizzato da una sostanziale eterogeneità con picchi di richieste soprattutto nell’Italia meridionale, dove superano il 20%, mentre sono meno installate nelle zone del Nord-Est (circa il 10%).