Lucro cessante
Il lucro cessante è quel danno che impedisce al danneggiato di percepire dei guadagni che avrebbe aggiunto al proprio patrimonio se il fatto illecito non si fosse verificato.
Un esempio di questa tipologia di danno, è quello del libero professionista che non può lavorare a causa dei danni fisici riportati in un incidente in cui è rimasto coinvolto con la propria auto: il mancato reddito percepito a causa del comportamento di terzi (in questo caso l'altro automobilista che ha causato il sinistro) è qualificabile come lucro cessante.
Nell’ambito del lucro cessante, il danneggiato potrà ottenere il risarcimento solo se sarà possibile dimostrare il nesso causale tra il fatto illecito e il mancato guadagno. Secondo l'articolo 2056, comma 2, del Codice Civile, "il lucro cessante è valutato dal giudice con equo apprezzamento delle circostanze del caso".
A seguito di sinistro stradale, rientra nel lucro cessante il danno da fermo tecnico, ossia quel danno economico che il guidatore subisce per via del mancato utilizzo del mezzo durante il tempo necessario alla sua riparazione. Per essere quantificato, si deve tener conto dei costi di gestione del veicolo che l'assicurato continuerà a sostenere nonostante il fermo (come il bollo e l’assicurazione, considerati persi durante la riparazione) e di ulteriori spese future, come l’esborso per noleggiare un mezzo di trasporto sostitutivo o per l’utilizzo dei mezzi pubblici.
Il lucro cessante rientra nella categoria dei danni patrimoniali, di cui fa parte anche il danno emergente. Viene definito danno emergente qualsiasi perdita economica subita dal danneggiato a seguito di un fatto illecito. Un esempio è la spesa sostenuta dall’automobilista per la riparazione della macchina oppure i costi per le cure mediche a seguito dei danni fisici riportati nello scontro. Il danno emergente riguarda dunque una diminuzione del patrimonio attuale e non di ricchezze non ancora presenti (quindi ipotetiche) come avviene per il lucro cessante.
Ultimo aggiornamento ottobre 2019