Fuoristrada vietato per auto, moto e bici
La nuova legge vieta la viabilità forestale al traffico ordinario. Ad accedere a tali percorsi possono essere solo i mezzi di soccorso e di manutenzione o i veicoli dotati di particolari permessi. Forti le polemiche da parte degli appassionati del fuoristrada praticato in moto, auto o in bici.

Vietata la viabilità forestale e silvo-pastorale al transito ordinario di moto, auto, quad e bici. A stabilirlo è il decreto dello scorso 28 ottobre, pubblicato lo scorso 1° dicembre in Gazzetta Ufficiale, e entrato ormai in vigore da alcune ore.
Il decreto numero 286 del primo dicembre, firmato dai ministri Stefano Patuanelli, Dario Franceschini e Roberto Cingolani, stabilisce le “Disposizioni per la definizione dei criteri minimi nazionali inerenti agli scopi, le tipologie e le caratteristiche tecnico-costruttive della viabilità forestale e silvo-pastorale, delle opere connesse alla gestione dei boschi e alla sistemazione idraulico-forestale”, vietando così il fuoristrada agli appassionati.
Ad accedere a tali percorsi possono essere solo i mezzi di soccorso e di manutenzione o comunque i veicoli dotati di particolari autorizzazioni. "Indipendentemente dal titolo di proprietà, la viabilità forestale e silvo-pastorale e le opere connesse sono vietate al transito ordinario e non sono soggette alle disposizioni discendenti dagli articoli 1 e 2 del Codice della Strada”, recita la norma.
I contrari al Decreto
Un provvedimento che ha scatenato una serie di polemiche. A scagliarsi contro il Decreto ci sono anche Confindustria Ancma, associazione composta da costruttori di moto, e Federazione Motociclistica Italiana. I due sodalizi puntano l’indice contro la norma che – a loro dire – potrebbe causare gravi danni al mercato, alle attività ludiche sportive e a quelle legate all’accoglienza e al turismo. “Nel decreto - scrivono in una nota le due associazioni - vi sono profili di incostituzionalità, perché manca evidentemente il bilanciamento degli interessi in gioco e di diritti costituzionali come la libera circolazione, il diritto alla libera iniziativa economica e quello di svolgere attività sportiva e ricreativa". Ancma e Fmi reclamano anche un'interlocuzione con il Governo in modo da poter ottenere risposte ai tanti interrogativi e una modifica delle disposizioni contenute nel decreto.
Da qui la precisazione giunta dal Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari, Forestali, che punta a gettare acqua sul fuoco delle polemiche. Dal Ministero fanno sapere, infatti, che il decreto si muove nell’ambito delle previsioni dell’articolo 9 del Testo unico delle foreste e filiere forestali del 2018 (D.lgs. n. 34/2018), in vigore già da anni, senza alcun contraccolpo sul tema della fruizione della viabilità forestale: “Nulla si innova in merito al transito autorizzato sulla predetta viabilità, fermo restando che, come espressamente previsto all’articolo 2, comma 3 del decreto, le strade e le piste forestali non sottostanno ai criteri di sicurezza previsti per la viabilità ordinaria, poiché si tratta di viabilità esclusa dal Codice della strada. Inoltre, come esplicitato dal medesimo comma, è compito delle Regioni disciplinare le modalità di utilizzo, gestione e fruizione della viabilità forestale”.
Competenza delle Regioni
Da Roma, dunque, sottolineano che la competenza primaria in materia è delle Regioni e che spetta proprio ad ogni Regione e provincia autonoma disciplinare gli aspetti strettamente tecnici e la fruibilità di tali viabilità. Il Ministero fa presente, inoltre, che in capo alla Regioni è incardinata anche la competenza in materia di prevenzione del dissesto idrogeologico e del rispetto di quanto previsto dal vincolo idrogeologico; pertanto, spetta alle Regioni la competenza a valutare gli effetti della fruizione pedonale, cicloturistica o con mezzi motorizzati diversi da quelli forestali sui tracciati, i cui effetti su fondi non asfaltati hanno impatti ben diversi tra loro; essi dovranno essere valutati con la massima attenzione alle singole realtà territoriali. Dal Governo ribadiscono, infine, che tutte le Regioni all'unanimità hanno approvato il decreto e le linee guida, ben consapevoli delle proprie competenze e delle conseguenze gestionali.