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Auto: metà dei punti di ricarica si concentra in due Paesi

Le colonnine di ricarica per auto elettriche presenti in Olanda e Germania coprono la metà di quelle già costruite nell’Ue. Al quinto posto della classifica, a molta distanza, troviamo l’Italia. Secondo l’Acea occorre accelerare nelle infrastrutture per rispettare i target green di Bruxelles.

Pubblicato il 24/06/2022
donna carica auto elettrica nella stazione di servizio
Ritardi nella costruzione dei punti di ricarica per le auto elettriche

La svolta green dell’Europa per quanto riguarda il mercato dell’auto si preannuncia più complicata del previsto, soprattutto a causa dei ritardi accusati da molti Paesi nelle installazioni dei punti di ricarica per i nuovi veicoli elettrici. Lo denuncia ancora una volta l’Acea, l’Associazione che raggruppa i produttori di auto del continente, la cui ultima analisi rivela che la metà di tutte le infrastrutture costruite finora si concentra in soli due Paesi membri dell’Ue.

La classifica, in particolare, è guidata da Olanda (che vanta 90mila impianti) e Germania (con 60mila). Il nostro Paese si piazza al quinto posto (con poco più di 23mila installazioni), preceduto dalla Francia (oltre 37mila) e dalla Svezia (più di 25mila). In fondo al ranking dei meno virtuosi attualmente ci sono, nell’ordine, Cipro (57), Malta (98) e i tre Paesi baltici: Lituania (207), Estonia (385) e Lettonia (420).

Olanda, tanti caricatori quanti in altri 23 Stati Ue

Da rilevare che questi due Paesi, ovvero l’Olanda e la Germania, costituiscono meno del 10% dell'intera superficie dell'UE. L'altra metà di tutti i punti di ricarica è sparsa nei restanti 25 membri dell’Unione, ovvero nel restante 90% della superficie dell’area.

Il divario, o meglio il ritardo, sta nei numeri: solo i Paesi Bassi, per esempio, hanno tanti caricatori quanti 23 Stati membri messi insieme. Per quanto riguarda la distribuzione delle infrastrutture, secondo la denuncia dell’Acea, c'è una netta spaccatura tra l'Europa centrale e orientale, da un lato, e i Paesi dell'Europa occidentale, dall'altro. Ad esempio, un Paese grande come la Romania – circa sei volte più grande dei Paesi Bassi – ha solo lo 0,4% di tutti i punti di ricarica dell'Ue.

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Occorre accelerazione nella costruzione dei punti di ricarica

Stando ai target prefissati e gli sforzi compiuti da Bruxelles per accelerare la transizione, considerato che negli ultimi cinque anni c’è stato un significativo aumento del numero di punti di ricarica nell'Unione (+180%), il numero totale (307mila) è tuttavia molto inferiore a quanto richiesto.

Per raggiungere gli obiettivi di CO2, in particolare, le vendite di veicoli elettrici dovranno aumentare massicciamente in tutti i Paesi dell'area. Un recente studio mostra che entro il 2030 sarebbero necessari fino a 6,8 milioni di punti di ricarica pubblici per raggiungere la riduzione del 55% di CO2 proposta per le auto, il che significa che dovrebbe esserci un’accelerazione nella costruzione di infrastrutture di oltre 22 volte in meno di un decennio.

Acea, necessario rivedere termini AFIR

Il regolamento sulle infrastrutture dei combustibili alternativi (AFIR) – proposto dalla Commissione Ue nel 2021 – ha l’obiettivo di aiutare a risolvere il problema. Tuttavia, il suo livello di ambizione è del tutto insufficiente perché, secondo l’Acea, mentre alcuni Paesi stanno andando avanti quando si tratta di implementare le infrastrutture, la maggior parte è in ritardo.

Queste forti disparità, ha sottolineato il dg dell'Acea, Eric-Mark Huitema, mostrano la necessità di avere obiettivi AFIR precisi e che siano armonizzati in tutti gli Stati membri. Per questo auspica che vengano rafforzati i termini AFIR in modo che possa essere raggiunto l'obiettivo di costruire una fitta rete di stazioni di ricarica, estesa da Nord a Sud, da Est a Ovest.

A cura di: Fernando Mancini

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