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Assicurazioni: PMI italiane poco coperte dai rischi

Nel nostro Paese quasi il 40 per cento delle PMI, ovvero 1,65 milioni, ancora non ha assicurato la propria attività. Sono praticamente assenti le coperture per cyber risk e interruzione di attività. Secondo l’Ocse l’Italia è tra i peggiori Paesi come cultura finanziaria e assicurativa.

Pubblicato il 10/12/2021
Un portachiavi, con due chiavi, con su scritto la parola insurance
Analisi della copertura assicurativa delle Pmi italiane

In Italia la cultura assicurativa privata è tra le più basse del mondo occidentale ma, quello che più sorprende, è che anche le piccole e medie imprese del nostro Paese hanno una percezione del rischio più bassa rispetto alla media delle aziende europee.

Anche se tra di loro sta aumentando la consapevolezza dei rischi, questo non evita che restino fondamentalmente sotto assicurate, con importanti conseguenze per tutto il sistema economico. Secondo il ‘Next Level for Insurance - SME segment” realizzato da CRIF, IIA - Italian Insurtech Association e Nomisma, quasi il 40%, ovvero 1,65 milioni di PMI, ancora non ha assicurato la propria attività.

Nel Paese, infatti, solo il 62% delle PMI dispone di una copertura assicurativa, anche se nell’ultimo anno la percezione del rischio è aumentata per 7 imprese su 10. L’Italia, secondo lo studio, sconta uno scomodo primato: i premi assicurativi valgono solo l’1,1% del Pil, contro il 2,8% della media di alcuni Paesi UE analizzati (Belgio, Francia, Germania, Olanda, Spagna) e, esclusa la RC auto obbligatoria, si spende in polizze in media 300 euro per abitante contro i 937 dei Paesi europei.

Tutto il segmento delle PMI italiane (4,35 milioni), che rappresenta il 99,3% delle imprese in attività con un ruolo strategico per il tessuto socio economico del Paese, è fortemente sotto assicurato, al punto che 1 milione e 653 mila di queste (ovvero il 38% del totale sulla base del campione) non dispone di una copertura assicurativa.

Tra i peggiori Paesi come cultura finanziaria e assicurativa

A frenare il mercato assicurativo contribuisce anche il nostro scarso livello di alfabetizzazione finanziaria e digitale. L’Italia, secondo l’OCSE, è il terzo Paese peggiore su 29 in materie digitali e all’ultimo posto su 23 per alfabetizzazione finanziaria. Lo scenario non cambia tra le PMI italiane, che hanno una bassa percezione dei rischi che l’attività imprenditoriale comporta e, di conseguenza, tendono a sottostimare l’impatto che un evento può avere sulla loro attività.

Infatti, oltre a essere un segmento sotto assicurato, è ampiamente diffusa la tendenza a ‘sottoscrivere poco’: il 71% delle PMI ha infatti sottoscritto una copertura RC verso terzi, il 64% incendio, il 56% furto ma si scende al 39% per la responsabilità civile degli amministratori.

I più recenti ‘problemi’ messi nel carnet dai broker, rischio cyber e interruzione di attività, sono praticamente assenti nelle realtà delle PMI, mentre si stanno rivelando rischi sempre più importanti da coprire. Quest’anno, per esempio, le coperture per cyber risk (9%) e le interruzioni di attività (8%), secondo il report, hanno prodotto un effetto assolutamente critico sulla continuità del business delle aziende: basti pensare che gli attacchi di cybersecurity hanno determinato in Italia 7 miliardi di costi diretti e indiretti per le imprese.

In arrivo nuova tipologia di offerta

La risposta dei player assicurativi per i prossimi 12 mesi sarà proporre ai clienti nuovi prodotti e, soprattutto, servizi di valore dove la consulenza sia sempre più strategica per aiutare le imprese a sviluppare il business con maggior attenzione ai rischi.

Ci saranno, inoltre, una maggior digitalizzazione delle competenze degli intermediari e degli strumenti utilizzati per interagire con il cliente, l’ottimizzazione del processo di pricing e la messa a punto di offerte più personalizzate.

Secondo la ricerca CRIF-IIA e Nomisma, il 69% delle compagnie proporrà servizi accessori e complementari alle polizze per supportare le PMI in particolare in ambito cyber security (82%), marketing e digital advertising (59%), consulenza alla crescita del business (58%) e servizi per certificare l’impresa a livello di sostenibilità nell’ESG (50%).

A cura di: Fernando Mancini

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