Dieselgate Volkswagen, coinvolti nuovi modelli

Dopo la smentita arriva la conferma: la Volkswagen ha ammesso di aver utilizzato il software per controllare le emissioni anche sui modelli con propulsore V6 TDI da 3 litri di cilindrata, che va ad aggiungersi ai motori da 1.6 e 2 litri accusati di non rispettare i limiti sugli inquinanti di ossido di azoto nella guida su strada.
L’indagine sui 3000 cc, che dovrebbe coinvolgere oltre 85.000 veicoli, riguarderà l’Audi Q7 prodotta dal 2009 al 2012, anche se l’EPA (l’Agenzia di protezione ambientale americana) ha fatto riferimento a ulteriori modelli quali Volkswagen Touareg, Porsche Cayenne, Audi A6 e A7 Quattro, A8 e Q5.
La stessa Casa automobilistica aveva comunicato lo scorso 3 novembre di altri 800 mila veicoli model year 2016 a benzina e a gasolio, coinvolti nelle false emissioni di CO2. Attualmente la Volkswagen ritratta l’entità delle automobili in 430 mila esemplari, anche se nella lista delle vetture interessate rientrerebbero più motori a benzina e non la sola cilindrata da 1.4 litri. Nel mirino finiscono il TSI tre cilindri da 1000 cc utilizzato per Volkswagen Polo, Seat Ibiza, Leon berline e il quattro cilindri TFSI da 1800 cc e da 2000 cc utilizzato rispettivamente su Leon SC e Golf-Passat. Del totale delle vetture dichiarate, 282 mila sono a marchio Volkswagen, 83 mila Skoda, 32 mila Seat e 16 mila Audi, mentre le restanti unità riguardano veicoli commerciali.
Il Gruppo VAG ha comunicato che sarà imminente l’aggiornamento dei siti nazionali dei vari brand per rendere noti gli sviluppi sulla questione. I portali – che già riportano le notizie sulla prima tranche di auto coinvolte – indicheranno tutte le informazioni relative all’irregolarità di CO2, per dare la possibilità ai clienti di conoscere se il modello di cui sono proprietari è a norma.
Intanto il KBA, l’ente federale tedesco preposto al controllo delle vetture, fa sapere che Volkswagen ha presentato una soluzione messa a punto dai suoi tecnici per riportare nella norma le emissioni di NOx delle 540 mila auto vendute in Germania con motore a gasolio EA 189, il primo a essere segnalato dall’EPA. Se gli organismi tedeschi accetteranno la soluzione, l’intervento di richiamo sarà effettuato anche negli altri paesi europei.
I richiami avranno dei costi consistenti per la Casa di Wolfsburg che per farvi fronte rinuncerà a effettuare una serie di investimenti per espandere le vendite del Gruppo. Tra questi, secondo l’agenzia Bloomberg, la Volkswagen avrebbe deciso di rinviare la partnership con la FAW in Cina e di chiudere la modernissima fabbrica di Dresda dove viene costruita e assemblata la Volkswagen Phaeton.
Guardando le cifre sulle immatricolazioni, emerge che lo scandalo comincia a ripercuotersi sulla quota di mercato detenuta dalla Casa. Le vendite mondiali a ottobre del Gruppo Volkswagen hanno registrato 831.300 consegne, con un calo del 3,5% rispetto allo stesso mese del 2014, mentre tra gennaio e ottobre il totale delle immatricolazioni è stato di 8.262.000 unità con un -1,7% sull’analogo periodo. “Il Gruppo”, commenta la società, “sta sperimentando un periodo impegnativo. Non dobbiamo far fronte solo al problema del diesel e delle emissioni di CO2, ma anche a una situazione tesa sui mercati mondiali. Gli sviluppi in Brasile e in Russia continuano a preoccupare”. Per questo motivo la Casa tedesca spera di riuscire a ottenere un finanziamento per poter far fronte all’emergenza dieselgate: si parla di circa 20 miliardi di euro.