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Uber Pop, sentenza di blocco in tutta Italia

Pubblicato il 04/06/2015
Uber Pop, sentenza di blocco in tutta Italia

Uber Pop finisce nell’occhio del ciclone. Il tribunale di Milano ha inibito l’erogazione del servizio riportando tra le motivazioni del provvedimento la concorrenza sleale e la violazione della disciplina amministrativa che regola il settore taxi.

Uber Pop è il sistema di trasporto che può essere attivato e richiesto attraverso un’app e che permette a un individuo di mettere in condivisione la propria auto con chi ha l’esigenza di spostarsi.

Essere ingaggiato da Uber Pop come autista è semplice: basta essere in possesso della patente di guida da almeno 3 anni, avere un’auto di dimensioni medie o grandi con almeno 4 posti e immatricolata da non più di 8 anni e godere di una copertura assicurativa per i passeggeri.

La tariffa base del servizio è di due euro, più 20 centesimi di euro al minuto o 35 centesimi per chilometro, con una tariffa minima di 5 euro. La semplicità di tali caratteristiche insieme all’applicazione di tariffe sensibilmente minori rispetto a quelle del servizio pubblico sono state la causa del ricorso presentato ad aprile dalle associazioni di categoria dei tassisti.

Secondo la magistratura, Uber Pop non è paragonabile a un normale servizio di car sharing. L’ordinanza spiega che rispetto alla disciplina della condivisione “l’autista non ha un interesse personale a raggiungere il luogo indicato dall’utente e, in assenza di alcuna richiesta, non darebbe luogo a tale spostamento”.

Il magistrato ha chiarito che l’azienda statunitense avrà 15 giorni di tempo per adeguarsi alla sentenza, pena la previsione di un’ulteriore sanzione di 20 mila euro per ogni giorno di mancato adempimento: tuttavia, la stessa Uber potrà presentare ricorso contro il provvedimento.

Nel settembre del 2014, Uber Pop era stata sospesa anche in Germania, ma solo temporaneamente. Il Tribunale di Francoforte aveva accolto le richieste dei tassisti tedeschi, che avevano denunciato la concorrenza sleale e messo in discussione la formula della sharing economy e con un’ingiunzione aveva previsto sanzioni fino a 250 mila euro nel caso in cui la Uber avesse continuato ad offrire le proprie prestazioni. Analoghe sentenze erano state pronunciate anche in altre città della Germania: in due circostanze, a Berlino e ad Amburgo, i giudici avevano disposto il blocco del servizio, ma con scarsi risultati visto che l’azienda aveva continuato ad operare grazie alla presentazione del ricorso.

Nettamente in disaccordo con la decisione del tribunale il Codacons, secondo cui la sentenza rappresenta un danno enorme: l’Associazione è convinta che la sospensione del servizio riduce la concorrenza e le possibilità di scelta degli utenti.

“È impensabile che un Paese moderno”, spiega Carlo Rienzi, presidente Codacons, “possa essere privato di sistemi innovativi come Uber, che rispondono a esigenze di mercato e sfruttano le nuove possibilità introdotte dalla tecnologia. Così facendo, si finisce per produrre un duplice danno al consumatore finale: da un lato una minore scelta sul fronte del servizio, dall’altro tariffe più elevate per effetto della minore concorrenza”.

A cura di: Paola Campanelli

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