Cosa pensano gli italiani della sanità integrativa?

La diffusione delle assicurazioni sanitarie private è in Italia, ancora nettamente inferiore rispetto agli altri paesi europei: esse coprono appena il 5 per cento della spesa privata sanitaria complessiva.
A causa della crisi appare sempre più chiaro che il Welfare State non sia più in grado di garantire il livello di servizi finora offerti. In una ricerca curata dal Censis per conto del Forum ANIA Consumatori, il 63 per cento degli italiani dichiara che il sistema di welfare pubblico non assicura più una copertura adeguata a contrastare i diversi rischi e bisogni emergenti.
Il 75,3% pensa che il sistema vigente non sia più in grado di contenere le diseguaglianze sociali; l’82,5% che offra servizi disomogenei da territorio a territorio; il 78,9% lo giudica troppo costoso, mentre secondo l’86% per cento occorrerebbe un cambiamento radicale per dare maggiore copertura ad alcune patologie.
Nonostante in due anni, dal 2008 al 2010, le famiglie italiane che hanno acquistato una polizza sanitaria sono passate dal 5% (equivalenti a 1,2 milioni di famiglie su 24,2) al 5,5%, pari a 1,33 milioni su 24,1, a nostro avviso ancora oggi non esistono grandi spazi per le polizze spese di cura non legate a fondi sanitari. Questo perché contrariamente a quanto si possa pensare, la sanità pubblica è ancora di livello adeguato alle esigenze di gran parte degli italiani e quindi la scelta della sottoscrizione di una polizza ha la sola finalità di ricercare un maggiore confort (solventi) o accorciare i tempi di ricovero (le liste di attesa) ancora piuttosto lunghe nel pubblico per alcune patologie.
La figura 1 evidenzia le motivazioni per cui gli italiani non intendono acquistare in futuro coperture sanitarie integrative.
Unica eccezione è rappresentata dalla dread disease, una copertura complementare, abbinata a un’assicurazione vita, contro il rischio di insorgenza di una malattia particolarmente grave e potenzialmente invalidante. Questa polizza ha finalità soprattutto previdenziali, offrendo sostegno economico in caso di una malattia che richieda costosi interventi chirurgici quali: infarto del miocardio; malattie che richiedono interventi di chirurgia cardiovascolare; ictus cerebrale; tumore o neoplasia maligna; insufficienza renale irreversibile; malattie che comportano la necessità di un trapianto d’organo.