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Anche Generali paga la crisi russa

Pubblicato il 28/08/2014
Anche Generali paga la crisi russa

Non sono soltanto i gruppi del comparto energetico a pagare la crisi russa. Le sanzioni imposte dall'Unione Europea e dagli Stati Uniti a seguito dei fatti ucraini, andranno a ricadere anche su Generali, il gruppo assicurativo triestino che ha dovuto svalutare per centonovanta milioni di euro la quota detenuta in Ingosstrakh, un 38% che vale ora 281 milioni di euro.

La svalutazione della quota è dovuta non solo al deciso deterioramento del mercato russo, ma anche alla svalutazione del rublo e ad un mercato dell'auto in deciso peggioramento. E' stato Alberto Minali, il direttore finanziario di Generali, ad annunciare le pessime notizie provenienti dal fronte orientale, che si sono aggiunte alla riduzione di 113 milioni di euro relativa al valore di bilancio di Bsi, banca elvetica che la compagnia triestina ha recentemente deciso di alienare a favore di Btg Pactual.

In forza di queste due parziali defaillances, Generali ha visto calare il suo utile netto del secondo trimestre a 416 milioni, 62 meno di quelli cumulati nel primo.

Ingosstrackh è la compagnia sorta dal vecchio ufficio estero dell'Unione Sovietica che si occupava di polizze assicurative, privatizzato dopo la fine del comunismo. La compagnia italiana ne ha acquisito una quota nel corso del 2007, procedendo all'acquisto del 49% di un fondo, Ppf Beta, il quale deteneva a sua volta il 38% di Ingosstrakh.

Nel 2013 Generali ha quindi deciso di rafforzare la sua posizione nel mercato russo, proprio in concomitanza con l'arrivo di Greco al timone della società, rilevando per complessivi due miliardi e mezzo di euro la quota detenuta dal finanziere Peter Kellner nella joint venture formata dal Leone e da Ppf. Operazione che ha portato l'intera quota della compagnia assicurativa russa in dote al portafogli di Generali.

Nel consiglio di amministrazione gli uomini indicati da Trieste, ovvero Giancarlo Aragona, Giorgio Callegari e l'ex ministro degli esteri russo Igor Antonov, hanno lavorato in stretto collegamento con Oleg Deripaska, uno dei potenti oligarchi russi. Il numero uno del gruppo Rusal, i cui interessi spaziano in una lunga serie di settori, è allo stesso tempo molto chiacchierato per i suoi sospetti legami con gruppi criminali, tanto da vedersi impedito l'accesso negli Stati Uniti dal 2006. Dopo essere diventato l'uomo più ricco della Russia, i suoi affari sono entrati in un cono d'ombra, tanto che la stessa Rusal ha rischiato il clamoroso default sotto il peso di una gigantesca quantità di prestiti in scadenza. Problemi che hanno del resto avuto ricadute anche nel nostro paese, ove la costellazione di affari dell'oligarca russo comprende lo stabilimento Eurallumina di Portovesme, ormai inattivo dal 2009, con centinaia di dipendenti in cassa integrazione.

A cura della Redazione

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